Dopo "Le vele dello sciamano", a breve Sandro Pinello proporrà "Il volo dell'asceta"
Il risveglio dei Templari, una storia sospesa
fra passato e presente
Che cosa ti ha spinto a intraprendere la strada della scrittura?
Fin da ragazzo amavo scrivere. Imprimere su di un foglio di carta i miei pensieri più reconditi. Si scrive non per dire qualcosa , ma perché si ha qualcosa da dire. Un qualcosa che potrebbe essere utile e di ispirazione per altre persone. Ecco cosa mi spinge.
Come nascono le tue storie?
Nascono sempre da esperienze di vita vissuta. Il filo conduttore è il tema del Risveglio. Nove anni fa scrissi “Svegliamoci”. Era un invito ad aprire la nostra mente, per renderci consapevoli di come i “ poteri forti” stessero assoggettando la nostra vita ad una sottile forma di schiavitù comportamentale. Quattro anni fa pubblicai “La figlia che diede alla luce suo padre.” In questa circostanza ponevo l’attenzione sul risveglio dello spirito, vale a dire la nostra parte più intima e profonda: la nostra anima. In quest’ultimo lavoro invece traspare un velato invito al “risveglio di una coscienza universale.”
Qual è stata la parte più difficile nella stesura del romanzo?
Ne Il Risveglio dei Templari la parte più difficile è stata la lunga ricerca riguardo questi mitici cavalieri basata su moltissime letture affiancata a diversi viaggi in Francia, Inghilterra e Scozia con l’intento di riportare alla luce la verità riguardo ciò che avevano scoperto in Terrasanta e nascosto alle autorità politiche e religiose del tempo.
Qual è il momento che ami di più e quello meno nella fase di stesura?
Il momento che amo di più è quando mi sento ispirato. In quei momenti avverto, la penna che tengo tra le dita o i polpastrelli che sfiorano i tasti del pc. danzare in perfetta sintonia con la mia parte creativa. Il momento che amo di meno è quando dopo aver riletto quanto scritto, devo tagliare parti della storia per rendere più fluido e comprensibile il racconto.
Cosa vuoi che arrivi ai tuoi lettori quando leggono un tuo libro?
La percezione di una nuova visione focalizzata sul risveglio degli individui. A tal proposito mi piace ricordare una frase di Giordano Bruno. “Verrà un giorno in cui l’uomo si sveglierà dall’oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha affidato le redini della sua esistenza.” E quando ce ne renderemo conto, aggiungo, avremo il potere non solo di cambiare noi stessi, ma anche quello di cambiare il mondo attorno a noi.
Si dice che uno scrittore debba essere prima di tutto un appassionato lettore: quanto è importante per te la lettura?
Leggere dei libri è fondamentale per la crescita e lo sviluppo di un individuo e di conseguenza di una comunità. Un grande editore francese diceva che vivere in una casa senza libri è come vivere in una casa senza finestre. Immaginate come vi potreste sentire vivendo in una casa senza finestre. Un’esperienza terribile. I libri ci aiutano a guardare fuori, ad uscire dai nostri recinti, ad ampliare i nostri orizzonti. Leggere un libro ci rende migliori.
Descrivi il tuo libro in tre parole.
Evocativo e visionario. La terza parola la lascio individuare ai lettori.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Per ora mi attiverò nella promozione di questo ultimo romanzo. Per me un libro è come un figlio. Appena nato non lo puoi lasciare solo; lo devi seguire e sostenere per un lungo periodo.
Immaginate di nascere esattamente a metà del Novecento, e di trascorrere gli anni dell’adolescenza appassionandosi alla musica beat. Immaginatevi, più grandi, di creare un gruppo con il quale girare le piazze d’Italia per tenere spettacoli e concerti.Immaginate infine, esattamente a 40 anni, di venir chiamato da un mostro sacro della musica italiana come Mauro Pagani e trovarsi su di un palco a fianco nientemeno che dell’immenso Fabrizio De Andrè, del quale divenite uno dei più fidati chitarristi.Ebbene, tutto questo è accaduto a Giorgio Cordini, autore, musicista e scrittore veneziano, che nel suo libro I MIEI OTTO ANNI CON FABRIZIO DE ANDRÈ (fingerpicking.net, pagg. 136, euro 14,00) ripercorre l’ultimo periodo di attività del grande artista genovese.In questo prezioso libro, quasi un diario redatto da chi è stato con lui in prima fila sul palco e a stretto contatto nella vita, Giorgio Cordini ci regala una manciata di perle, una testimonianza sul valore del De André musicista e soprattutto del De André uomo, capace di entrare in empatia con chiunque avesse di fronte.L’autore riesce a raccontare un Fabrizio De André a tratti inedito, dai comportamenti spesso inattesi, che a volte stupiscono e ci fanno sorridere e che ci danno l’ennesima conferma della sua grandezza di artista e di uomo, come dimostra l’assoluto perfezionismo che metteva nelle ore e ore di prove prima dei concerti.Verso le ultime pagine, infine, dalla narrazione emergono le note più intime, dal concerto di Saint Vincent interrotto a causa del dolore che impediva a Fabrizio di suonare la chitarra, all’esplodere del male, fino all’ultima straziante telefonata nella quale, nonostante tutto, è ancora De Andrè, pur consapevole delle sue condizioni, a consolare l’amico.In chiusura, un’intervista a De Andrè del 1992, nella quale affiora la sua grande umanità e una originalissima visione di vita.Un libro a tratti divertente, a volte toccante; ma sempre assolutamente reale. Una testimonianza di affetto che va sfogliata pagina dopo pagina, nel ricordo di uno dei più grandi e indimenticabili artisti del nostro tempo.
TRENT'ANNI DI STORIA EUROPEA, UN MURO E L'AMICIZIA TRA DUE DONNE
Patrizia Fiaschi (La Spezia, 1965) dal 1999 vive a Ronchi nella Riviera Apuana e lavora tra Toscana e Liguria affiancando alla professione di docente di lingua italiana l’impegno sociale di promotrice culturale. Collabora con associazioni, librerie e case editrici del panorama letterario nazionale. È organizzatrice, relatrice e curatrice di presentazioni di autori e di eventi volti alla diffusione della pratica della lettura. Fa inoltre parte della giuria di premi di narrativa. Ha coordinato circoli letterari nell’ambito dell’associazione nazionale LaAV Letture ad Alta Voce. Recensisce opere letterarie per il blog di lettura “Raccoglimi un libro” di cui è fondatrice e amministratrice.
Nel 2019 esordisce come autrice, realizzando un buon successo di pubblico e di critica con l’opera “Racconti di sale e di nebbia” edita dal gruppo editoriale LIT. In occasione dei 60 anni dalla edificazione del Muro di Berlino torna in libreria con un romanzo introspettivo a sfondo storico.
“Un giorno nuovo” (edizioni Il Seme Bianco, gruppo editoriale LIT) ricostruisce il percorso emozionale di due donne che la storia contrappone in un turbinio di vicende e vicissitudini; a fare da sfondo i fatti epocali che hanno segnato la Germania e l’Europa nel trentennio del Muro. Una storia potente, quella che intreccia Patrizia Fiaschi, una storia dove saranno i legami sentimentali e i rapporti umani a ricucire le ferite e a riparare agli errori della storia. Nella Berlino dell’agosto 1961 Helga Bachmann, giovane giornalista residente nella Germania federale, aiuta a fuggire l’amica Ekaterina Jazov confinata nel settore orientale della capitale a causa della costruzione del Muro. La vita di Ekaterina è stata segnata da episodi di violenza e la possibilità di riscatto della donna sembra essere frenata ora da una gravidanza non desiderata. Il piccolo Franz diventerà invece la forza e la ragione che le consentiranno di superare, tra le difficoltà, anche il trasferimento in Italia con Helga. L’amica non la abbandonerà, anche a costo di lasciare la sua Berlino e rinunciare agli affetti familiari, all’amore. Helga non rinuncerà però alla carriera giornalistica che la vedrà impegnata in prima linea sugli scenari europei del trentennio che intercorre tra la costruzione e l’abbattimento del Muro. In questo contesto la vita di due famiglie berlinesi, una dell’Est e una dell’Ovest, sarà travolta dai fatti pur nel sostegno e nella benevolenza di un’Italia che attraversa a seguire gli anni del boom economico, quelli di piombo e delle stragi di Stato, mantenendo tuttavia la sua impronta di paese solidale e accogliente. Un palcoscenico di personaggi che percorrono le vicende di un periodo storico tra i più bui della civile Europa, dove a fare la differenza sarà l’autenticità dei sentimenti e la solidarietà tra le persone.
La prefazione del giornalista e scrittore Marco Ferrari evidenzia “la grande storia d’amicizia femminile che coinvolge Helga Bachmann, Ekaterina Jazov e Marcella Lambertini nell’arco di tempo che va dall’innalzamento del Muro di Berlino, il 13 agosto 1961, alla riunificazione tedesca del 3 ottobre 1990. Tra queste due date scorre gran parte della storia mondiale e italiana: l’assassinio di John Kennedy, la guerra in Vietnam, la crisi cubana, il caso Mattei, il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, le stragi di Piazza Fontana, Ustica e Bologna. Helga rimane per tutto il romanzo al centro dell’azione narrativa, sostenendo Ekaterina, spingendola alle grandi scelte in un periodo così difficile e complesso. Ekaterina persegue la libertà dall’oppressione per riscattarsi dalla violenza subita ai tempi del collegio, dalla rigidità del padre, dai soprusi sul posto di lavoro. La nuova geografia della città costringe le due amiche a cambiare anche la loro esistenza. Helga ed Ekaterina sono due ragazze molto diverse tra loro che diventano donne insieme, trasportando nel tempo lo stesso spessore emotivo e gli stessi valori. La prima diventa lo scrigno dei segreti dell’altra, arriva nei momenti delicati, sa leggere le sensazioni dell’amica, ha il coraggio delle scelte. Sullo sfondo una Berlino spettrale con i carri armati sovietici e statunitensi che si fronteggiano, il Checkpoint Charlie nel cuore di una metropoli, il mondo che sembra finire davanti a quel Muro. Se bisognerà attendere trent’anni per vederlo sgretolare, il loro percorso emozionale non si ferma invece e attraversa tutti i momenti drammatici della storia. Sul palcoscenico del romanzo si muove anche Marcella, con la sua vitalità, figlia dell’ex ambasciatore italiano a Berlino, sempre pronta a dare una mano e a sacrificarsi per le amiche. L’ingranaggio delle emozioni muove la storia di Patrizia Fiaschi con la delicatezza e la fermezza che solo l’universo femminile sa esprimere. Lo spessore dei personaggi conferisce forza e solidità alla narrazione e questo romanzo, nella sua varietà espressiva si rivolge a quanti, proprio come Ekaterina, hanno visto i loro affetti sbattere contro un Muro.”
UNA VICENDA MORTALE CHE NASCE DALLE MONTAGNE BERGAMASCHE
E ARRIVA A PRAGA
Una vicenda tutta bergamasca, quella del giallo LE GOCCE SUL VETRO di Wainer Preda (Mursia, pagg. 332, € 17,00) che letteralmente si dipana tra le montagne e le vallate della provincia orobica, ma che per essere risolta necessita di uno sguardo che arrivi assai lontano, addirittura fino a Praga, centro dell’Europa.
Il protagonista abita a Bergamo città, ed è l’immaginario giornalista Walter Torriani (che forse non a caso, verrebbe da pensare, svolge la stessa professione dell’autore del romanzo). Uno da vecchia scuola, che consuma le scarpe sulla strada e considera il suo lavoro una missione. Accade, all’inizio della storia, che venga ritrovato il corpo di un noto speleologo, Andrea Tommasi, ammazzato in prossimità del lago di Endine. La sua donna, Annalisa Rodari, docente dell’Università di Bergamo, guarda caso tempo addietro era stata la fidanzata proprio di Torriani. Il cronista comincia quindi a indagare, in parte spinto dall’innato istinto di seguire ogni traccia di un fatto di cronaca, ma soprattutto perché ritiene impossibile che Annalisa possa essere colpevole.
Da qui, la narrazione prosegue intricandosi sempre di più, tanto che in ogni capitolo accade un colpo di scena. Uno dopo l’altro, verranno rinvenuti altri cadaveri, mentre Torriani farà la conoscenza di una serie di personaggi assai anziani, ognuno dei quali ha avuto ruoli importanti addirittura nel corso della Seconda guerra mondiale.
Ma non basta: le forze dell’ordine e la magistratura (ambienti all’interno dei quali Torriani sa bene come muoversi) naturalmente svolgono le indagini più accurate, che però per diverso tempo non sembreranno portare a grandi risultati.
Finché… Il doveroso rispetto nei confronti dei lettori impone di non svelare altro, se non che la soluzione del caso sarà davvero ben congegnata; e per Torriani, che dovrà recarsi fino a Praga per scavare in storie avvenute settantacinque anni prima, arriverà la sospirata verità.
Colpiscono, di questa opera, alcune caratteristiche: innanzitutto, la profonda conoscenza della terra bergamasca. Che l’azione si svolga nelle eleganti e antiche vie di Città Alta, nel centro pulsante del capoluogo o tra i paesi della provincia, nulla è lasciato al caso, e ogni ambientazione viene illustrata in molteplici dettagli che faranno la gioia degli appassionati.
Poi, la ricchezza degli spunti storici. Le conoscenze dirette di quanto accaduto durante il secondo conflitto mondiale vanno ormai spegnendosi, ed è quindi un bene richiamarle e custodirne le tracce in un’Italia “di contemporanei, senza antenati né posteri, perciò senza memoria” così l’ha definita a suo tempo Ugo Ojetti.
E ancora, l’accuratezza della scrittura, frutto evidente dell’esercizio del proprio mestiere ma anche della passione per l’uso delle parole.
E infine, l’intreccio sempre più pressante degli avvenimenti, che catturano e coinvolgono nella loro drammaticità, senza mai indulgere a improbabili eccessi splatter. Sangue e violenza ve ne sono, come è normale in ogni poliziesco, ma sempre nei limiti del realistico: quanto c’è, è sufficiente.
Un libro tutto da leggere, quindi. Immaginando alla fine, se l’autore lo riterrà opportuno, che Walter Torriani (o Wainer Preda?) ci regalino nuove indagini.
NIENTE MILANO DA BERE, PER STAVOLTA
In poco più di una decina d’anni Romano De Marco, allievo del maestro del noir Raul Montanari, si è ritagliato uno spazio molto importante tra i giallisti italiani. Autore di una dozzina di romanzi editi, 25 racconti, 6 opere in e-book e una graphic novel, più volte vincitore dei maggiori premi per libri gialli (l’ultimo, tra l’altro, il Giallo Ceresio del 2020 nel quale è arrivata in finale anche IL FETORE DEI SOLDI, opera ben nota ai miei lettori) questo dirigente bancario di origine abruzzese ha scalato rapidamente le vette delle classifiche di vendita.
Credo non vi sia bisogno di specificare dove sia ambientato NERO A MILANO (Piemme, 338 pagg., euro 17,50, il giallo di cui parliamo oggi, anche se va ricordato che si tratta del terzo di una miniserie che vede protagonista una coppia composta da un commissario di polizia, Luca Betti, e da Marco Tanzi, investigatore privato già appartenente alle forze dell’ordine.
Naturalmente, come ogni buon lettore di gialli può immaginare, i casi nei quali i due inizialmente si imbattono sono inevitabilmente destinati a incrociarsi: da un lato il brutale omicidio di due genitori arsi vivi nella propria abitazione, la cui bambina è morta suicida poco tempo prima; dall’altro, la ricerca di un ragazzo problematico, allontanatosi da casa per andare a vivere tra i clochard.
La soluzione delle due vicende sarà lunga, complessa e soprattutto dolorosa per Betti e Tanzi, che saranno coinvolti non solo sul piano professionale, come è normale che sia, ma perfino su quello più strettamente personale, rischiando così di venir colpiti addirittura negli affetti più cari.
Ci troviamo, insomma, nel classico poliziesco con sfumature thriller e noir. Purtuttavia, ridurre questo romanzo a un normale giallo metropolitano significherebbe fare un grosso torto all’autore e alla sua opera. In realtà, la trama è assai più complessa di quanto sia stato sommariamente esposto (in parte per gli ovvii motivi di riservatezza). All’interno della vicenda si sviluppano diverse altre tematiche che coinvolgono aspetti sociali quali ad esempio la pedofilia (con accenni tutt’altro che velati al caso della piccola Fortuna Loffredo), l’accettazione della diversità e la relazione con la malattia sia corporea che psicologica. Argomenti, questi, che non sono stati inseriti al puro scopo di nobilitare un genere – quello poliziesco – considerato spesso a torto come ‘letteratura di consumo’, bensì che entrano con tutta la loro forza espressiva tra le maglie della narrazione, conferendole ulteriore spessore e significato.
Il lettore più smaliziato, inoltre, in questo libro sicuramente riconoscerà in controluce alcuni noti fatti di cronaca italiana del recente passato, accennati però con la doverosa delicatezza che si conviene alla loro drammaticità e quindi senza indulgere all’ormai asfissiante modello dei vari programmi Tv completi di esperti e ricostruzioni al limite del vouyearismo collettivo.
Anche la presenza della realtà milanese vista in tutte le sue sfaccettature, dagli aperitivi nei lussuosi locali dei centri direzionali agli interrogatori nel bar di periferia o ai negozi cinesi, aggiunge grande veridicità all’evolversi del racconto, mostrando una non comune conoscenza, da parte dell’autore, del capoluogo lombardo e delle sue molteplici complessità.
Tra le righe, non poteva mancare la dedica dell’opera ad Andrea G. Pinketts, scrittore milanese assai stimato da De Marco e capostipite del genere giallo-noir meneghino, recentemente scomparso.
Il finale, come sempre accade nei polizieschi di classe, presenta più di una sorpresa. Ma qui il silenzio è d’obbligo, anche se la sensazione è che la coppia Betti – Tanzi sia ben lontana dall’aver esaurito le sue potenzialità.
Per gli amanti del genere, insomma, un libro da non perdere e da assaporare con gusto una pagina dopo l'altra.
Tre anni di dolore, di lavoro, ma anche di orgoglio e di desiderio di futuro: questi sono i sentimenti che hanno segnato il tempo breve e lungo, denso e veloce, che ci separa dal 14 agosto 2018, giorno della tragedia del Morandi. Sono stati raccontati in un libro, "Una nave ormeggiata in Valpolcevera", di Alessandra Lancellotti e Stefano Termanini, fotografie di Roberto Orlando (Stefano Termanini Editore. Nell’opera si trovano la storia di questi tre anni, ripercorsa per intero, e poi i volti e le testimonianze dei protagonisti. Il dolore, collettivo, espresso in piazza. E poi il lavoro, fatto a testa bassa, indifferente a ogni ostacolo, pronto a superarli tutti. Ora, da un anno, la ferita della Valpolcevera è suturata. C'è il nuovo ponte Genova San Giorgio, bello, lucido come un "bianco vascello", a riunire i due lembi della valle. Resta, tuttavia, il dolore. Resta, per tutti, il desiderio, anzi la necessità, della giustizia. Per la città, che nelle pagine di questa storia si è riscoperta, come non accadeva ormai da molto tempo, arto vivo del Paese, questa storia di pianto e di coraggio insegna che c'è un nuovo futuro possibile. È da conquistare, ma c'è. Si innesta su valori semplici e preziosi che, come l'impegno quotidiano, la coesione, l'onestà, lungo questi tre anni si sono via via riscoperti. C'è ed è migliore di quanto mai si sarebbe creduto.
Ilio 1184 a.C. La Fine del Mondo
Il mito trasformato in storia: la prima grande guerra tra Oriente e Occidente, la guerra che Omero non ha potuto raccontare.
Questa settimana incontriamo un libro dedicato alla mitologia greca, autore lo scrittore fiorentino Matteo Palli, edito da SILELE EDIZIONI e sempre disponibile nelle migliori librerie.
La trama, assai articolata, si dipana per 20 anni, a partire da quanto accade un giorno sull’isola di Salamina.
Due bambini giocano su una spiaggia assolata. Ridono, Aiace e Teucro, si tuffano in acqua, si rincorrono nel tempo senza tempo dell'infanzia, ignari del futuro che il padre, re Telamone, ha in serbo per loro.
Presto saranno separati: Aiace, il maggiore, verrà affidato alle sagge cure di Chirone. Dovrà diventare uomo, imparare le arti della guerra, fortificare il carattere soffrendo la fame, il freddo e ogni privazione. Tutto ciò per essere pronto, un giorno, ad assolvere al compito per cui è stato generato: diventare sovrano e guidare il suo popolo.
Teucro rimarrà a Salamina. Immerso nella tristezza attenderà con ansia il ritorno di Aiace finché il fato, molto tempo dopo, non deciderà di riunirlo al fratello per la più grande e la più crudele delle imprese.
Aiace dividerà il duro addestramento con un altro bambino, più gracile e più timido di lui, il cui nome diventerà leggenda: Achille, figlio di Peleo il fratello di Telamone. Il saggio Chirone, dopo aver istruito i padri, si troverà di fronte a un nuovo gravoso impegno: addestrare i figli.
Achille e Aiace conosceranno presto la saggezza del maestro, ma anche la paura, la rabbia, l’odio e il desiderio di vendetta. Prima che le loro strade si separino, dovranno cimentarsi in quella che sarà la loro prima battaglia, fianco a fianco, per difendere proprio Chirone.
Qualche anno più tardi Aiace accompagnerà il padre Telamone in visita al sovrano Tindaro. In quell'occasione sarà protagonista di due eventi, apparentemente casuali, che segneranno per sempre la sua vita. Salverà, mettendo mano alle armi, la vita di uno sconosciuto assalito dai briganti. L'uomo, che si rivelerà essere Diomede di Argo, vincitore della guerra di Tebe, diventerà negli anni a venire l'amico più fidato del principe di Salamina. Il secondo evento, una banale lite durante i giochi, farà nascere invece una profonda e insanabile ostilità, portatrice in futuro di nefaste conseguenze, fra Aiace stesso e i potenti Atridi, Agamennone e Menelao.
La situazione poi rischierà di degenerare, finché nella piana di Troia si compirà il destino dei due fratelli e di altri personaggi resi famosi dai versi di Omero: tutti loro saranno protagonisti di una guerra sanguinosa, atroce, che vedrà assenti gli Dei, evocati solo nelle disperate grida degli uomini agonizzanti.
Crudeli e valorosi, risoluti e spietati, alcuni combatteranno per la conquista o per la gloria immortale, altri per difendere la propria casa, i più, semplicemente, per restare vivi. Per i migliori di loro l'impossibile diventerà a tratti possibile: si sentiranno più affini a un avversario leale che a un compagno d'armi. Perché quel gioco terribile che è la guerra, sarà persino capace di mischiare le carte in tavola e di cambiare posto ai giocatori. Nei lunghi anni, l’ardore giovanile e la voglia di competere verranno meno, vinti dalla paura e dalla disperazione, e l’amicizia e il coraggio diventeranno gli unici valori per i quali valga la pena di aggrapparsi alla vita e di sfuggire la morte. Quando questa calerà il suo velo per molti sarà accolta come unica via di fuga, come salvezza della propria anima.
Molti degli uomini che per anni combatteranno sulla piana di fronte alla città, non vedranno la fine della guerra: qualcuno dei sopravvissuti si sentirà un vincitore, ma nessuno un uomo migliore.
Un libro divertente da osservare e leggere ad alta voce, con protagoniste sette simpatiche scopette pensato per bambine e bambini dai tre anni in su, coinvolgendoli in una speciale missione per la cura dell’ambiente dove si vive e delle persone. Questo è La banda delle scope (Edizioni il Ciliegio, 2021), il nuovo libro dell’autrice bergamasca Teresa Capezzuto, insegnante e giornalista, poetessa e scrittrice di narrativa, con attenzione alla letteratura per bambini e ragazzi.
"Ben ritrovata, Teresa! Ho saputo che questo albo sta piacendo anche ai più grandicelli, in cerca di ironia e sorrisi. Quale messaggio vuoi lanciare con questa storia?"
"La banda delle scope" risponde l'autrice, già presentata alcuni mesi fa su questo blog, "è una storia dove s’incontrano sorpresa e incanto, divertimento e arguzia, con protagoniste sette scope sorelle osservate nelle loro variegate azioni dallo sguardo attento dell’uccellino Cip, invitando i lettori a sorridere ancora e ancora come i bambini sanno fare. L’albo si sofferma con leggerezza sull’importanza di prendersi cura delle persone e degli spazi dove si vive, allargando la prospettiva dall’iniziale dimensione familiare della strana casa-castello a quella collettiva degli abitanti del paese, diventando un racconto per tutti."
"Dopo le sillogi poetiche Autentica e Particolare, il racconto interattivo per la scuola primaria Gol alle porte del Sahara e l’albo La giornata è più bella, con La banda delle scope ti rivolgi di nuovo a un pubblico prescolare con una fiaba"
"Attraverso il linguaggio della fiaba ho voluto trasfigurare il vissuto reale dei bambini in un contesto fantastico e divertente, con personaggi molto riconoscibili. Il tempo sospeso della storia è simile al nostro, così come le moderne scopette e gli altri personaggi condividono con noi desideri e sogni, in un contesto giocoso fino alla conclusione festosa, resa musicale dalla filastrocca finale."
"Devo riconoscere che la cover e tutte le illustrazioni sono molto accattivanti e briose!"
"Certo, in linea con il carattere delle simpatiche Spolverina, Ramazzella, Lucidina, Splendida, Spazzolina, Rotolina e Giravolta. L’illustratrice Albertina Neri, fra l’altro, nasconde nelle immagini indizi visivi in un gioco di rimandi a una famosa fiaba, come in una caccia al tesoro. Ricordo inoltre che Edizioni il Ciliegio, a richiesta, fornisce la scheda didattica del libro."
"Grazie Teresa, e per quanti desiderano tenersi aggiornati sulle tue pubblicazioni, questi sono i riferimenti del tuo sito personale www.teresacapezzuto.it e del canale www.youtube.com/TeresaCapezzutoautrice."
IL TEMPO DEGLI SBIRRI, ultima fatica del ‘poliziotto scrittore’ Maurizio Lorenzi, racconta la clamorosa evasione avvenuta nei primi anni Duemila a Bergamo, quando a sorpresa dal carcere di via Gleno si allontanano due detenuti. Scatta così la caccia, che coinvolge uomini specializzati pronti a inseguire e rintracciare i fuggitivi in una rincorsa che li porterà anche all’estero.
I nomi dei protagonisti del romanzo IL TEMPO DEGLI SBIRRI – gli evasi, i poliziotti che li inseguono, il direttore del carcere – per evidenti motivi sono immaginari; la trama – il plot, direbbero gli esperti – è invece autentica, stillata pagina dopo pagina in un crescendo di tensione sempre più incalzante. Questo apparente mistero è presto svelato: l’autore, Maurizio Lorenzi, è un vero poliziotto in forza alla Questura di Bergamo, che da alcuni anni si dedica alla scrittura e, in particolare, al genere definito ‘poliziesca’. Qui occorre subito una precisazione: i suoi libri non hanno nulla a che fare con le storie alla Totò e Fabrizi degli anni 50 e 60, e nemmeno con i ‘poliziotteschi’ dei tempi successivi, giocati tra violenza, rapine, sparatorie e inseguimenti in auto. Le atmosfere richiamate da Maurizio Lorenzi ricordano piuttosto le ambientazioni hard-boiled americane: lunghe nottate di attesa, pedinamenti, attenzione al minimo dettaglio, lavorio con gli informatori, e tutto quanto attiene al tradizionale armamentario di ogni valido investigatore.
Dialoghi serrati, ribaltamenti di fronte, scenari che s’intrecciano e si accavallano di continuo, seguire la narrazione appare quasi come la visione di un film. L’autore è stato assai valido anche nel delineare la psicologia dei personaggi dell’uno e dell’altro fronte, quasi si trovassero nel bel mezzo di una partita di scacchi: gli evasi che cercano di immaginare come si muoveranno i poliziotti, e gli agenti che provano a immedesimarsi nei fuggitivi. Un continuo gioco di mosse e contromosse che nel corso della narrazione vedono l’immancabile intervento di figure femminili che variano dalla bellona di turno, presenza indispensabile in ogni poliziesco che si rispetti, alla moglie insoddisfatta, ai corrotti, agli amici veri (che però potrebbero essere anche falsi) e a quelli falsi (che forse sono veri). Verità e menzogna si fondono, come fossero entrambe le due facce di una stessa moneta; accade nel romanzo, insomma, quello che accade nella vita, dove i confini non sono mai netti come si vorrebbe e il giudizio su cosa sia giusto e cosa invece sbagliato spesso presenta larghi margini di imprevedibilità.
Un intreccio complesso, quindi, che spazia dalla città di Bergamo, alla Sicilia dei mafiosi, fino a sbarcare – letteralmente – in Marocco, terra ospitale per i turisti ma certo non per i detenuti, triturati da un sistema carcerario massacrante e corrotto.
L’esito della caccia, ispirato ai fatti veri accaduti in quegli anni, è facilmente intuibile; ciò che invece il lettore non si aspetta è una sorta di coda finale a sorpresa, tratta dalle vicende successive all’evasione, che suggerisce alcune amare riflessioni in merito ai concetti di giustizia, di onestà, di attaccamento al dovere e alle istituzioni.
Ben scritto, ritmo incalzante e narrazione assolutamente credibile, il romanzo rappresenta l’ulteriore prova di bravura di un autore abituato a confrontarsi con temi impegnativi. Nelle sue opere precedenti, infatti, Maurizio Lorenzi ha fatto conoscere al pubblico diverse storie vere, dalle scorte di Falcone e Borsellino al rapimento del generale Dozier da parte delle Brigate Rosse, dal caso Unabomber alla banda della Uno bianca, e altre ancora. Per gli amanti del genere, libri da non perdere.
Fiorentino, ex bancario, autore e regista teatrale, Luca Palli ha esordito come giallista dieci anni fa con ‘Il fantasma’, opera che vede protagonista il commissario Travagli alle prese con due femminicidi ambientati nel capoluogo toscano.
L’anno scorso, con Silele edizioni, è invece uscito ‘L’uomo che non dorme’, sempre con Travagli al centro della scena, giallo che si svolge a Firenze la cui soluzione va cercata in vicende accadute lungo un arco temporale di diversi decenni.
In questi giorni, a distanza di un anno, esordisce in libreria la sua terza fatica, ‘Shardana’, ancora pubblicato da Silele edizioni e con il commissario Travagli di fronte questa volta a ben cinque diversi omicidi commessi in tre mesi, tra i quali quelli di due poliziotti.
La prima domanda è quindi d’obbligo: “Cinque morti ammazzati, e forse pure un sesto, in così breve tempo” gli chiedo, “significa una sola cosa: tra le vie di Firenze si aggira un serial killer.”
“Sarebbe una soluzione un po’ scontata” sorride lui di rimando. “In effetti” spiega, “il profiler incaricato del caso sostiene con forza questa tesi. Eppure, il commissario Travagli è di tutt’altro avviso: ogni delitto è profondamente diverso dagli altri nella dinamica, per l’arma utilizzata dall’assassino, per le caratteristiche della vittima. Inoltre, per ogni delitto è individuabile un movente diverso che conduce inevitabilmente ad un diverso sospettato.”
“L’indagine è complessa, allora.”
“Altroché, in quando per sfortuna degli investigatori il sospettato di turno possiede sempre un alibi inattaccabile, che blocca sul nascere qualunque iniziativa della polizia e della magistratura. Nonostante le pressioni del ministro, dei sottosegretari, del questore e del prefetto, risulta quindi difficile, anzi, quasi impossibile, trovare il bandolo della matassa.”
“Travagli però non mi sembra un tipo che si arrende. Non per niente è il vicecapo dello speciale pull guidato dal vicequestore Speranza, che cerca di risolvere in caso.”
“La situazione è difficile, certo, e per il commissario Travagli appare durissimo tenere a bada i colleghi. Tra di loro sono divisi, e appaiono profondamente colpiti dalla perdita di due colleghi; perché fra le vittime del misterioso assassino, o degli assassini come sostiene piccato il protagonista, ci sono anche due poliziotti addetti ogni domenica all’ordine pubblico negli stadi.
“Insomma, un bel rompicapo.”
“Tensione, stanchezza, dubbi e la soluzione del caso che sembra non arrivare, minano alla base antiche e consolidate amicizie fra i membri della squadra, che piomba nel caos. Infine, la svolta: il commissario comprende che per scoprire dove il male si è annidato, non servono le normali procedure investigative, non sono utili i riscontri, gli interrogatori, la ricerca ossessiva di indizi o le perizie balistiche. C’è bisogno invece di una prospettiva diversa: per sconfiggere il male, talvolta è necessario indentificarsi col male stesso, diventarne parte integrante per sfidarlo nei modi e nei tempi che gli sono più consueti.”
Prima di chiudere, non può mancare la domanda di rito per ogni autore.
“Di solito, quando un personaggio piace, la serie continua. Come dice il detto, ‘non c’è due senza tre’… hai per caso intenzione di scrivere un altro libro con protagonista il commissario Travagli?”
“In effetti” mi risponde, “nel mio caso il detto dovrebbe essere ‘non c’è due senza cinque’… Ne ho già pronti tre nuovi, di gialli con Travagli, e vorrei continuare ancora.”
È davvero un’ottima idea, e fortunati soprattutto i suoi lettori.
SUSSURRI D'AMORE - DI IOLANDA PALADIN
Due al prezzo di uno? No, non stiamo parlando della pubblicità dei divani, ma di un romanzo. O meglio, di due storie nello stesso libro. Guardando la copertina, infatti, si vede il titolo ‘Sussurri d’amore’, il nome dell’autrice, Iolanda Paladin, il marchio di Silele edizioni e l’immagine di una giovane donna dallo sguardo rapito verso l’altro. Poi, capovolgendo il volume e ruotandolo, compare una seconda copertina con il titolo ‘Aspettavo te’ e la stupenda fotografia di un tramonto.
Chiediamo all’autrice, bergamasca di Sarnico, giunta al suo sesto libro, il perché di questa scelta originale.
“In effetti” mi dice “è un’idea che mi è venuta in mente in quanto la storia coinvolge due protagonisti, che all’inizio non si conoscono tra di loro, che intraprendono lo stesso viaggio e finiranno per incontrarsi e innamorarsi. Mi è sembrato simpatico presentare il libro in questo modo, secondo me riesce a coinvolgere meglio il lettore in un percorso di avvicinamento tra due cuori che non aspettano altro che unirsi tra loro.”
“Un romanzo d’amore, quindi. Parliamo, tanto per rimanere nell’esempio iniziale della pubblicità, di atmosfera da cioccolatini Perugina?”
“Neanche per idea” ride lei. “La storia presenta anche momenti drammatici e diversi spunti di erotismo, come accade spesso nei miei libri. Certo, la base è quella di un innamoramento che nasce tra due persone adulte che si accorgono che alla loro vita manca qualcosa, e cioè una persona accanto.”
“Puoi allora anticiparci qualcosa dei due personaggi?”
“Lei si chiama Dorotea, per gli amici Tea, ed è un’affermata sessuologa. L’apparenza è cinica, sembra indossi una corazza; ma è una scelta precisa, compiuta per aiutare al meglio i propri pazienti mantenendo libera la mente dai pregiudizi.
Lui invece è un famoso medico, Manuel, Nene per gli amici, bello e divorziato. Ritiene con orgoglio che la sua vita sia soddisfacente anche se, in cuor suo, avverte la mancanza di qualcosa. La troverà perché seguirà l’istinto.”
“Come crei le tue storie? Dove prendi gli spunti per intrecciare le vicende di persone così diverse?”
“Guarda, non ho segreti particolari. Innanzitutto, ho la passione di scrivere praticamente da sempre; poi sono una lettrice accanita, che è fondamentale per chi vuole avere successo nella scrittura; infine, osservo molto gli altri, le persone, le situazioni che si presentano nella vita di tutti i giorni.”
Sembra facile, detto così, ma non lo è. Auguriamo a Iolanda il successo che si merita, per questo e per i prossimi romanzi che vorrà regalarci.
Paolo Aresi, amico giornalista e scrittore, nella sua carriera ci ha regalato diversi, ottimi romanzi. Nel 2004 ha vinto il premio Urania, il più prestigioso tra i concorsi letterari di fantascienza. È l’unico tra gli scrittori italiani di fantascienza al quale sia stato attribuito dall’Iau (Unione astronomica internazionale) il nome a un asteroide: si tratta del 332326 Aresi, pianetino che orbita nella fascia compresa tra Marte e Giove. Nonostante questo traguardo, Paolo è rimasto il ragazzo di sempre: scrive delle stelle, ma con i piedi per terra.
Lo incontro e mi mostra il suo ultimo romanzo, ‘La stella rossa di Kolorev’, uscito pochi giorni fa.
“Questo nome non mi è nuovo” gli chiedo.
“Certo” risponde, “questo è il terzo libro dedicato proprio all’ingegnere sovietico. Sono tutti e tre romanzi di fantascienza, si possono leggere ciascuno in maniera indipendente, sebbene siano collegati. Una vicenda che parte dal Korolev storico, reale, per poi lanciarsi in uno sviluppo improntato alla narrativa poco “fanta” e molto scientifica di A. C. Clarke e Stanislaw Lem.”
“Come mai questo personaggio è così importante?”
“Il 12 aprile del 1961, sessant’anni fa, l’uomo ha raggiunto lo spazio, per la prima volta nella sua storia. L’astronauta si chiamava Yuri Gagarin, ma la missione fu possibile grazie a un geniale ingegnere, Sergej Pavlovich Korolev, progettista di tutto il programma spaziale sovietico, fino alla sua morte, avvenuta il 12 gennaio 1966. Anche la navicella Sojuz, tuttora utilizzata dai russi con diversi miglioramenti, fu progettata da Korolev.”
“Quindi il personaggio è reale, ma la vicenda è immaginaria.”
“Una grande opera di fantascienza deve trarre alimento da una grande idea. La trilogia di Korolev parte da una scoperta sensazionale: il grande Progettista Capo del programma spaziale dell’Unione Sovietica, in realtà non è morto nel gennaio del 1966, ma viene rintracciato vivo, su Marte, alla fine del XXI secolo.”
“Da qui, come si sviluppa la vicenda?”
“In questo terzo e conclusivo romanzo, Korolev guida l’equipaggio dell’astronave Marco Polo dal pianeta Eris, all’estrema periferia del Sistema Solare, a Nemesis, la stella nana rossa, spesso ipotizzata dai nostri astronomi (ma mai rintracciata), a un anno luce dal Sole. Per poi lanciarsi in una cavalcata interstellare fino ad Antares, perché laggiù è custodito il segreto dei Costruttori, della loro fuga dalla Terra e da Marte, centomila anni prima. E qui è custodito anche l’altro mistero: chi è e dove si cela il vero e grande Nemico dell’umanità.”
“Come definisci questa tua ultima fatica letteraria?” gli chiedo prima di salutarlo.
“Si tratta di una space opera astronautica che spalanca scenari mozzafiato su temi astrofisici che affascinano, dalla materia all’energia oscura, alle Trasformazioni di Lorentz. Un romanzo cosmico, quindi, e profondamente umano.
Forse il più intenso, il più stupefacente che ho scritto.”
Eliana Liotta, giornalista e autrice di best seller come La Dieta Smartfood, L’età non è uguale per tutti e Prove di felicità, l’abbiamo già incontrata su questo blog in occasione della presentazione de La rivolta della natura. Prestigiosa di firma due rubriche settimanali, una su Corriere Salute e una su Io Donna, vincitrice del premio Montale per la saggistica, del premio Vivere a spreco zero e del premio Giuditta, vicepresidente del Teatro Dal Verme di Milano, oggi ci parla del suo ultimissimo libro uscito in questi giorni.
“Per salvare l’ambiente” esordisce, “non basta più, anche se aiuta, andare in giro in bici, comprare un’auto ibrida e ricordarsi di spegnere le luci. Non è sufficiente pensare solo a petrolio e carbone, come ci avverte l’Onu. Il riscaldamento globale non potrà arrestarsi senza modificare il nostro sistema alimentare, da cui dipende un terzo delle emissioni di gas serra, responsabili dell’aumento delle temperature.”
“Qual è la soluzione?” le chiediamo.
“Oggi è il cibo a rappresentare una via per riformulare un equilibrio tra l’uomo e il pianeta. Il cibo che ci salverà, questo mio nuovo libro, presenta per la prima volta una riflessione che parte da un approccio scientifico duplice, ecologico e nutrizionale, con la consulenza di due partner d’eccellenza: lo European Institute on Economics and the Environment (EIEE, Istituto europeo per l’economia e l’ambiente) e il Progetto EAT della Fondazione Gruppo San Donato.”
“Un forte messaggio ecologista, dunque.”
“Sì, ma attenzione: il tipo di cibo che si mangia è molto più importante del fatto che sia locale o biologico, così come del tipo di sacchetto che si utilizza per portarlo a casa dal negozio. Siamo quello che mangiamo, diceva Feuerbach, ma oggi questo non basta più, perché quello che mangiamo cambia il mondo.”
“Alcuni esempi?”
“Un recente studio di Nature ci dice che quello che da quello che mangiamo e dalle attività connesse, quindi l’allevamento, l’agricoltura, la lavorazione, l’imballaggio e la spedizione, dipende un terzo delle emissioni di gas serra prodotte dall’uomo. Inoltre, la carne rossa fornisce solo l’1% delle calorie alla popolazione della terra, ma rappresenta il 25% di tutte le emissioni che derivano da agricoltura e allevamento. E ancora: gli allevamenti intensivi contribuiscono anche alla formazione di polveri sottili, le PM 2,5, le particelle piccolissime in grado di penetrare nei polmoni e di immettersi nel sangue. Sono tutte risultanze scientifiche emerse negli ultimi anni.”
“Perché verremo salvati dal cibo, allora?”
“Le cinque diete proposte all’interno del libro posseggono un grande potenziale di mitigazione delle emissioni di gas serra, oltre che essere vantaggiose per la salute. Non bisogna rinunciare del tutto alla carne rossa per fare la differenza: si può scegliere di essere ecocarnivori, riducendone il consumo. Ma sono le fonti proteiche vegetali, come legumi, cereali integrali e frutta a guscio, le opzioni più rispettose del clima. In generale, noi occidentali dovremmo raddoppiare il consumo di vegetali rispetto agli attuali standard.”
Salutiamo Eliana ringraziandola per la sua continua opera di divulgazione in campo scientifico, oggi più che mai essenziale per imparare a vivere in un mondo più equo e accogliente per tutti.
"Sciesopoli è un'arca che ha avuto troppa vita dentro".
“In me vive l’eredità della gente di montagna: muratori, emigranti, contadini e io racconto la mia terra.” Aurora Cantini, scrittrice e poetessa bergamasca, si descrive così nel suo profilo social. Dopo “Un rifugio vicino al cielo”, edito da Silele, torna a narrare le vicende della nostra provincia con “Nel cuore di Sciesopoli” (editore Velar).
“È una storia vera” mi racconta Aurora, “quella dell’ex colonia fascista a Selvino dalla sua inaugurazione nel 1933 fino alla sua chiusura nel 1985. All’interno vi sono testimonianze dirette di chi a Sciesopoli ha lavorato e vissuto, inservienti, lavoranti, maestrine, piccoli balilla ed ebrei, bambini dell’Ospedale Santa Corona e dell’Istituto Assistenziale, quelli senza famiglia e quelli dell’estate, gli orfani di guerra e gli scolari di Scuola Natura.” Il libro è una narrazione ricca e sfaccettata che racconta gli abitanti di Selvino che giocavano con i bambini ebrei, o quelli che portavano viveri, dal panettiere al taxista, alla banda, ai custodi Angelo, Domenico, Teresina con le loro storie… il tutto impreziosito da più di 200 fotografie di Sciesopoli come era e come è, molte donate da chi ha lavorato e vissuto a Sciesopoli o dagli ex bambini che in quel luogo ritrovarono un pezzo della loro infanzia. Una casa, una scuola per tanti bambini ed un posto di impiego per molti selvinesi e abitanti dell’intero Altopiano. “Una vicenda lunga oltre mezzo secolo” commento. “Certo” risponde. “Poi c’è stato il recupero di questi ultimi anni, con l’inaugurazione del MuMeSe – Museo Memoriale Sciesopoli Ebraica Casa dei Bambini di Selvino - ha permesso al possente edificio di ritrovare una ribalta attraverso numerose iniziative di commemorazione e di memoria che hanno visto attivarsi Associazioni, Istituti Scolastici e Assessorati. Questo” conclude con emozione, “è il mio quindicesimo libro. Un libro davvero speciale! Carico di memoria, di speranza, di vita, di infanzia ritrovata. Una testimonianza della mia terra, che non deve essere mai dimenticata.”
SU E GIU' PER I COLLI DI BERGAMO
Questa è la storia di alcune famiglie italiane di religione ebraica nascoste dal 1943 al 1945 ad Ama, piccola frazione del comune di Aviatico, Orobie Bergamasche, tra perquisizioni e sfollati, sulla base della testimonianza diretta di Giuditta Maria Usubelli, che non ha mai dimenticato la sua amica di infanzia Elsa Iachia e i suoi fratelli e cugini. È la storia di una fuga (verso la Svizzera) e di un ritorno (verso casa), di un amore grande per la vita e di un intero paesino con i suoi abitanti che divenne culla e rifugio per 16/17 persone in fuga dalla guerra, dall'orrore, dalla Shoah.
Riporto il pregevole commento che Maria Di Pietro ha pubblicato, dopo aver letto questa testimonianza.
"Aurora Cantini, poetessa e scrittrice pluripremiata e decorata di Aviatico, ci racconta i giorni neri dell'altopiano bergamasco, con la cronistoria dettagliata e fotografata del periodo orribile che fu la Seconda guerra mondiale. Con questo libro, UN RIFUGIO VICINO AL CIELO (SILELE EDIZIONI), ci narra i giorni dei partigiani nascosti tra malghe e boschi, di sfollati, di quella gioventù privata della propria innocenza. Tante storie che intrecciano dolori e attese, speranze e orrori. Come il soldato slavo che venne sepolto a Trafficanti, piccolo paese della valle Seriana, fuggito dalla caccia del Regio Esercito Italiano nella ex Jugoslavia e deportato, insieme ad altri bosniaci, nei campi profughi della Grumellina di Bergamo. Qui narra la storia di poche famiglie ebree, che in quei luoghi, dallo splendido panorama, vissero in clandestinità nel periodo della mattanza germanica. Le guerre iniziano e per fortuna finiscono. Restano i teatri di guerra, a volte struggenti paradisi terrestri, come i nostri monti bergamaschi, a volte cumuli di macerie imbrattati di sangue. Le guerre finiscono nei ricordi e nei libri di storia, e purtroppo non hanno ancora insegnato nulla... Importante testimonianza, pregna di rispetto e di giusti del mondo, questa di Aurora."
Giornalista, scrittrice, divulgatrice scientifica, Eliana Liotta è nota al grande pubblico come firma del Corriere Salute e Io Donna, entrambi inserti del "Corriere della Sera".
La sua ultima fatica – ma tra due mesi sarà già presente nelle librerie il suo nuovo saggio – è “La rivolta della natura”, pubblicato dall’editore La nave di Teseo.
Un libro di grande attualità, che mostra la stretta correlazione tra la salute del pianeta e quella dell’uomo, tra l’oltraggio quotidiano alla Terra e le epidemie devastanti per la nostra civiltà.
Per chi faticasse a cogliere il nesso non c’è che l’imbarazzo della scelta, di correlazioni tra l’ambiente e la nostra vita ve ne sono molte.
Tra tutte, possiamo citare ad esempio la deforestazione di varie parti del mondo, fenomeno che comporta l’aumento degli spostamenti di animali selvatici alla ricerca di cibo con la conseguenza di maggiori contatti dell’uomo, e quindi nuovi potenziali fonti d’infezione.
Poi, pensiamo ai cambiamenti climatici che sconvolgono interi continenti. Oltre alle devastazioni naturali come siccità o inondazioni, che causano il deterioramento delle condizioni sanitarie, si verifica il pericoloso proliferare di zanzare, che tra gli insetti sono i peggiori portatori di virus.
E ancora: l’inquinamento atmosferico porta le vie respiratorie a indebolirsi e quindi a essere più fragili di fronte alle epidemie. Non a caso, le aree industrializzate del pianeta sono quelle dove il Covid ha mietuto più vittime, come la Lombardia per l’Italia.
In sostanza, dobbiamo comprendere quanto la nostra vita dipenda in modo determinante dai cicli naturali. Quando questi si interrompono la colpa non è di un destino ‘cinico e baro’, ma quasi sempre del comportamento errato dell’uomo.
Curare l’ambiente, di fatto, è come curare noi stessi, la nostra salute. Perché, a lungo andare, una natura inquinata prima o poi si rivolta contro il proprio untore.
Il libro è stato scritto con la consulenza del professor Massimo Clementi dell’Ospedale San Raffaele di Milano, uno dei maggiori virologi a livello mondiale, e dell’EIEE, l’European Institute on Economics and the Environment, che ha validato gli studi di natura scientifica.
L'autrice ha vinto il Premio Montale per il suo lavoro di saggista e il premio "Vivere a spreco zero".
Caldo estremo, uragani, piogge torrenziali, incendi, nuovi virus aggressivi come quello che sta segnando il mondo intero: la natura ha cominciato a ribellarsi. E non c’è più tempo: l’impatto dell’uomo sul nostro pianeta ha un peso ormai insostenibile.
Questo libro abbraccia per la prima volta, in un unico sguardo, la visione infinitesima dei microscopi e il grande respiro della Terra.
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