Una delle domande che spesso mi viene rivolta dai lettori è: quanto c’è di autobiografico nei tuoi romanzi? Quanto ha inciso il tuo vissuto, la realtà della tua vita?
La questione è tutt’altro che oziosa: il corretto rapporto tra verità e finzione, in letteratura e anche nelle arti figurative, costituisce l’essenza del ‘lavoro’ dello scrittore (e dell’artista).
Per quanto riguarda la narrativa, il segreto sta nel saper ‘romanzare’ una vicenda. Il verbo si presta certo a equivoci: una vicenda romanzata sovente viene intesa come ‘falsa’ o ‘esagerata’, mentre invece è il frutto di un’accurata opera compiuta dall’autore. 
‘Romanzare’ significa ad esempio raccontare i fatti con una scansione temporale diversa, più accattivante; significa evidenziare alcuni avvenimenti, ponendoli come snodi decisivi; significa far vivere al lettore le emozioni provate da diversi personaggi e non solo dal protagonista.
Il vissuto personale, quindi, deve esserci in ogni romanzo. Non come semplice ricostruzione di circostanze più o meno banali, ma come sapiente miscela di elementi in parte ‘veri’, in parte ‘raccontati’ con diverse enfasi.
Scrivere non è facile, ma è sicuramente magnifico.




QUELLA VOLTA SUI COLLI REGGIANI: 
LA LOTTA ARMATA COMPIE 50 ANNI



La forza della storia più cupa, la suspense del romanzo: un libro di Roberto Robert ricorda come tutto cominciò esattamente mezzo secolo fa:
La data, lunedì 17 agosto 1970. Il luogo, Ristorante “da Gianni” a Costaferrata, frazione del piccolo comune di Casina, sull’Appennino reggiano. Di fronte al locale, a poche centinaia di metri, si staglia possente il castello di Matilde di Canossa.
Non è un pranzo tra amici, e nemmeno una festa di paese: è un convegno che dura fino al sabato successivo. Sono presenti una settantina di persone, quasi tutte molto giovani, provenienti da varie località italiane. Una gran parte è di Reggio e dintorni, altri arrivano da Milano, da Torino e da Genova; un paio i trentini.
Lo scopo dell’incontro viene illustrato da uno degli organizzatori: “Il movimento operaio che si sta sviluppando nelle grandi fabbriche manifesta un bisogno tutto politico di potere: la lotta contro l’organizzazione del lavoro, il cottimo, i ritmi, i ‘capi’. Per questo si muove al di fuori delle strutture tradizionali del movimento operaio, come sono il PCI e i sindacati. Il bisogno di potere lo porterà inevitabilmente a uno scontro violento con le istituzioni, anche con il PCI e il sindacato. È indispensabile quindi formare una avanguardia interna a questo movimento che possa rappresentare e costruire questa prospettiva di potere. Ma questa avanguardia deve sapere unire la ‘politica’ con la ‘guerra’ perché lo Stato moderno, per affermare il suo potere, usa contemporaneamente la ‘politica’ e la ‘guerra’”.
In sala regna il silenzio: quando parla Renato Curcio, tutti ascoltano senza aprire bocca.
Negli stessi giorni a Borgo di Serio, irreale paesino della Val Seriana, giunge un misterioso personaggio. Si tratta di Carlo Salsi (ma si chiamerà davvero così?), ragazzo di ventidue anni che, in incognito, è arrivato da Reggio Emilia per contribuire alla creazione dell’immaginaria formazione terroristica ‘Bandiera rossa’.
In paese vive Mafalda Testa, ragazzina di undici anni che trascorre beatamente l’estate che separa la fine delle scuole elementari dall’iscrizione alla prima media.
I due personaggi, nello svilupparsi della narrazione, s’incontrano per puro caso. Da quel momento, però, le loro vite s’intrecciano in modo drammatico fino all’ultimo giorno d’estate, quando il rosso del tramonto, il rosso dell’ideologia e il rosso del sangue si confonderanno in un unico, simbolico sfondo.
In questi giorni ricorrono cinquanta anni dalla scelta, compiuta da diversi appartenenti ad alcune formazioni politiche di estrema sinistra in quel convegno di Costaferrata, di passare alla lotta armata contro lo Stato e le istituzioni. Pochi mesi prima era accaduta la strage di Piazza Fontana a Milano, dieci anni dopo vi sarà la bomba alla stazione di Bologna. Due lustri terribili, che vengono universalmente ricordati come ‘anni di piombo’; terroristi rossi, neri e anarchici che hanno causato, secondo le cronache, circa un migliaio di morti, compresi molti di loro stessi.
ROSSA È LA SERA DELL’AVVENIRE, presentato nel 2011 e riproposto da poche settimane in una nuova versione, ripercorre quegli anni che non possono e non devono essere dimenticati. La prefazione di Graziano Delrio, oggi politico nazionale ma per due mandati sindaco di Reggio Emilia, impreziosisce il romanzo mostrando i motivi che hanno portato la generazione nata dopo la Resistenza, figlia ideologica ancor prima che anagrafica dei partigiani, a gettare le proprie vite in un progetto rivoluzionario privo di alcuna prospettiva.
Roberto Robert, ROSSA È LA SERA DELL’AVVENIRE, Silele editore, Pagg. 350, Euro 15,00


Oggi vi ripropongo Roberto Robert, già recensito per FINCHÈ SUONA LA CAMPANA.
Con questo suo romanzo 'IL FETORE DEI SOLDI' si è guadagnato il quarto posto al PREMIO INTERNAZIONALE CUMANI QUASIMODO, prestigioso premio letterario. E merita davvero Roberto le nostre più vivide congratulazioni per questo volume in cui è riuscito a raccontare con dovizia di ingredienti, oltre 130 anni di storia bergamasca e non solo.
Il suo racconto parte dalla Svizzera e con la musica lirica nelle casse ci fa viaggiare con tanto di limousine e Maserati dalla via Priula al salone delle meraviglie di S. Pellegrino, al centro di Zogno e giù per i vari paesi bergamaschi fino a farci accomodare nei palchetti del Donizetti e nei palazzi del borgo piacentiniano.
Ci fa percorrere, per mefistofeliche strade, le vie che il denaro traccia, percorre ed insegue, le storie di una famiglia di bancari. Strade che come le fila di una ragnatela si spandono per mezzo mondo. Fili vischiosi e resistenti intessuti da una vedova nera che con astuzia secerne corde che uniscono la classe elitaria con la criminalità straniera. In oltre un secolo di storia bancaria, politica e locale ci racconta di costumi e di musica, di prestigio e debolezze.
“Parte son di una latebra, del gran tutto: oscurità” canterà il vecchio basso Tarcisio Pasta, interpretando la famosa aria del Mefistofele. E con un fischio finale in playback, ci servirà l'inganno e la magia dei trucchi che i bari più infingardi della finanza e della politica mettono in scena.
Ho ritrovato, in questa lettura, l'aderenza alle regole degli svizzeri, l'abnegazione al lavoro dei bergamaschi, l'arrivismo prerogativa dei colletti bianchi, la resistenza femminile ai giochi di potere e al malaffare, l'incanto di Città Alta e della musica lirica. Lady d'acciaio, uomini probi, maschi meschini vittime delle loro stesse debolezze, ma soprattutto soldi. Tanti soldi. Quelli degli azionisti di una banca, quelli delle truffe colossali e dei giri loschi della criminalità. Quelli dei risparmiatori che come formichine accantonano per una vita o delle cicale che nei vizi scialacquano. E poi. Non è facile fare una ricostruzione lunga e laboriosa di quest‘ultimo frenetico secolo senza rischiare di perdersi. Ma la capacità narrativa è la sua libertà, la volontà di donarci tanto la sua schiavitù.
Bravissimo Roberto Robert. Ci vedremo presto a Boltiere per raccontare un altro dei suoi capolavori.




Come un cibo squisito che lentamente ti offre i suoi aromi e sapori.
Come un panorama mozzafiato che scopri al termine di una camminata.
Come un’opera d’arte che ti appassiona osservando ogni minimo dettaglio.
Come una musica che ti avvolge sempre più coinvolgente.
Come un corpo che accarezzi lieve fino all’abbraccio appassionato…
La bravura dell’autore consiste anche in questo: svelare, una pagina dopo l’altra, i contenuti nascosti e preziosi del proprio racconto, accompagnando i lettori nel viaggio che li porterà al finale della storia.
Senza affanno, con i tempi giusti; seminando qua e là indizi, passioni e sensazioni.
Occorre muoversi sul crinale esistente tra impellenze narrative e il necessario respiro che deve avere ogni romanzo, al di là della sua effettiva lunghezza.
Lo scrittore che riesce a non spezzare questo delicatissimo equilibrio, offre ai propri lettori un grande regalo.

  ANDREA VITALI E LA FIRMETTA (OVVERO: LA GRANDE IRONIA SU DI NOI STESSI)   Instancabile e inarrestabile, Andrea Vitali cucina un altr...