Il risveglio dei Templari, una storia sospesa 

                                                 fra passato e presente


Incontriamo Roberto Lodovici, nei giorni di uscita del suo nuovo romanzo che già è molto richiesto, per proporgli alcune domande durante una breve intervista.

Che cosa ti ha spinto a intraprendere la strada della scrittura?

Fin da ragazzo amavo scrivere. Imprimere su di un foglio di carta i miei pensieri più reconditi. Si scrive non per dire qualcosa , ma perché si ha qualcosa da dire. Un qualcosa che potrebbe essere utile e di ispirazione per altre persone. Ecco cosa mi spinge.

Come nascono le tue storie? 

Nascono sempre da esperienze di vita vissuta. Il filo conduttore è il tema del Risveglio. Nove anni fa scrissi “Svegliamoci”. Era un invito ad aprire la nostra mente, per renderci consapevoli di come i “ poteri forti” stessero assoggettando la nostra vita ad una sottile forma di schiavitù comportamentale. Quattro anni fa pubblicai “La figlia che diede alla luce suo padre.” In questa circostanza ponevo l’attenzione sul risveglio dello spirito, vale a dire la nostra parte più intima e profonda: la nostra anima. In quest’ultimo lavoro invece traspare un velato invito al “risveglio di una coscienza universale.”

Qual è stata la parte più difficile nella stesura del romanzo? 

Ne Il Risveglio dei Templari la parte più difficile è stata la lunga ricerca riguardo questi mitici cavalieri basata su moltissime letture affiancata a diversi viaggi in Francia, Inghilterra e Scozia con l’intento di riportare alla luce la verità riguardo ciò che avevano scoperto in Terrasanta e nascosto alle autorità politiche e religiose del tempo.

Qual è il momento che ami di più e quello meno nella fase di stesura? 

Il momento che amo di più è quando mi sento ispirato. In quei momenti avverto, la penna che tengo tra le dita o i polpastrelli che sfiorano i tasti del pc. danzare in perfetta sintonia con la mia parte creativa. Il momento che amo di meno è quando dopo aver riletto quanto scritto, devo tagliare parti della storia per rendere più fluido e comprensibile il racconto.

Cosa vuoi che arrivi ai tuoi lettori quando leggono un tuo libro? 

La percezione di una nuova visione focalizzata sul risveglio degli individui. A tal proposito mi piace ricordare una frase di Giordano Bruno. “Verrà un giorno in cui l’uomo si sveglierà dall’oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha affidato le redini della sua esistenza.” E quando ce ne renderemo conto, aggiungo, avremo il potere non solo di cambiare noi stessi, ma anche quello di cambiare il mondo attorno a noi.

Si dice che uno scrittore debba essere prima di tutto un appassionato lettore: quanto è importante per te la lettura? 

Leggere dei libri è fondamentale per la crescita e lo sviluppo di un individuo e di conseguenza di una comunità. Un grande editore francese diceva che vivere in una casa senza libri è come vivere in una casa senza finestre. Immaginate come vi potreste sentire vivendo in una casa senza finestre. Un’esperienza terribile. I libri ci aiutano a guardare fuori, ad uscire dai nostri recinti, ad ampliare i nostri orizzonti. Leggere un libro ci rende migliori.

Descrivi il tuo libro in tre parole. 

Evocativo e visionario. La terza parola la lascio individuare ai lettori.

Quali sono i tuoi progetti futuri? 

Per ora mi attiverò nella promozione di questo ultimo romanzo. Per me un libro è come un figlio. Appena nato non lo puoi lasciare solo; lo devi seguire e sostenere per un lungo periodo.



 OTTO ANNI DI FABER

Immaginate di nascere esattamente a metà del Novecento, e di trascorrere gli anni dell’adolescenza appassionandosi alla musica beat. Immaginatevi, più grandi, di creare un gruppo con il quale girare le piazze d’Italia per tenere spettacoli e concerti.
Immaginate infine, esattamente a 40 anni, di venir chiamato da un mostro sacro della musica italiana come Mauro Pagani e trovarsi su di un palco a fianco nientemeno che dell’immenso Fabrizio De Andrè, del quale divenite uno dei più fidati chitarristi.
Ebbene, tutto questo è accaduto a Giorgio Cordini, autore, musicista e scrittore veneziano, che nel suo libro I MIEI OTTO ANNI CON FABRIZIO DE ANDRÈ (fingerpicking.net, pagg. 136, euro 14,00) ripercorre l’ultimo periodo di attività del grande artista genovese.  
In questo prezioso libro, quasi un diario redatto da chi è stato con lui in prima fila sul palco e a stretto contatto nella vita, Giorgio Cordini ci regala una manciata di perle, una testimonianza sul valore del De André musicista e soprattutto del De André uomo, capace di entrare in empatia con chiunque avesse di fronte.  
L’autore riesce a raccontare un Fabrizio De André a tratti inedito, dai comportamenti spesso inattesi, che a volte stupiscono e ci fanno sorridere e che ci danno l’ennesima conferma della sua grandezza di artista e di uomo, come dimostra l’assoluto perfezionismo che metteva nelle ore e ore di prove prima dei concerti.
Verso le ultime pagine, infine, dalla narrazione emergono le note più intime, dal concerto di Saint Vincent interrotto a causa del dolore che impediva a Fabrizio di suonare la chitarra, all’esplodere del male, fino all’ultima straziante telefonata nella quale, nonostante tutto, è ancora De Andrè, pur consapevole delle sue condizioni, a consolare l’amico.
In chiusura, un’intervista a De Andrè del 1992, nella quale affiora la sua grande umanità e una originalissima visione di vita.
Un libro a tratti divertente, a volte toccante; ma sempre assolutamente reale. Una testimonianza di affetto che va sfogliata pagina dopo pagina, nel ricordo di uno dei più grandi e indimenticabili artisti del nostro tempo. 


 

                     LA VERITA' HA IL SAPORE DEL MARE Ho letto in anteprima, e l’ho apprezzato, il romanzo La verità ha il sapore del ma...