NIENTE MILANO DA BERE, PER STAVOLTA


In poco più di una decina d’anni Romano De Marco, allievo del maestro del noir Raul Montanari, si è ritagliato uno spazio molto importante tra i giallisti italiani. Autore di una dozzina di romanzi editi, 25 racconti, 6 opere in e-book e una graphic novel, più volte vincitore dei maggiori premi per libri gialli (l’ultimo, tra l’altro, il Giallo Ceresio del 2020 nel quale è arrivata in finale anche IL FETORE DEI SOLDI, opera ben nota ai miei lettori) questo dirigente bancario di origine abruzzese ha scalato rapidamente le vette delle classifiche di vendita.

Credo non vi sia bisogno di specificare dove sia ambientato NERO A MILANO (Piemme, 338 pagg., euro 17,50, il giallo di cui parliamo oggi, anche se va ricordato che si tratta del terzo di una miniserie che vede protagonista una coppia composta da un commissario di polizia, Luca Betti, e da Marco Tanzi, investigatore privato già appartenente alle forze dell’ordine.

Naturalmente, come ogni buon lettore di gialli può immaginare, i casi nei quali i due inizialmente si imbattono sono inevitabilmente destinati a incrociarsi: da un lato il brutale omicidio di due genitori arsi vivi nella propria abitazione, la cui bambina è morta suicida poco tempo prima; dall’altro, la ricerca di un ragazzo problematico, allontanatosi da casa per andare a vivere tra i clochard.

La soluzione delle due vicende sarà lunga, complessa e soprattutto dolorosa per Betti e Tanzi, che saranno coinvolti non solo sul piano professionale, come è normale che sia, ma perfino su quello più strettamente personale, rischiando così di venir colpiti addirittura negli affetti più cari.

Ci troviamo, insomma, nel classico poliziesco con sfumature thriller e noir. Purtuttavia, ridurre questo romanzo a un normale giallo metropolitano significherebbe fare un grosso torto all’autore e alla sua opera. In realtà, la trama è assai più complessa di quanto sia stato sommariamente esposto (in parte per gli ovvii motivi di riservatezza). All’interno della vicenda si sviluppano diverse altre tematiche che coinvolgono aspetti sociali quali ad esempio la pedofilia (con accenni tutt’altro che velati al caso della piccola Fortuna Loffredo), l’accettazione della diversità e la relazione con la malattia sia corporea che psicologica. Argomenti, questi, che non sono stati inseriti al puro scopo di nobilitare un genere – quello poliziesco – considerato spesso a torto come ‘letteratura di consumo’, bensì che entrano con tutta la loro forza espressiva tra le maglie della narrazione, conferendole ulteriore spessore e significato.

Il lettore più smaliziato, inoltre, in questo libro sicuramente riconoscerà in controluce alcuni noti fatti di cronaca italiana del recente passato, accennati però con la doverosa delicatezza che si conviene alla loro drammaticità e quindi senza indulgere all’ormai asfissiante modello dei vari programmi Tv completi di esperti e ricostruzioni al limite del vouyearismo collettivo.

Anche la presenza della realtà milanese vista in tutte le sue sfaccettature, dagli aperitivi nei lussuosi locali dei centri direzionali agli interrogatori nel bar di periferia o ai negozi cinesi, aggiunge grande veridicità all’evolversi del racconto, mostrando una non comune conoscenza, da parte dell’autore, del capoluogo lombardo e delle sue molteplici complessità.

Tra le righe, non poteva mancare la dedica dell’opera ad Andrea G. Pinketts, scrittore milanese assai stimato da De Marco e capostipite del genere giallo-noir meneghino, recentemente scomparso.

Il finale, come sempre accade nei polizieschi di classe, presenta più di una sorpresa. Ma qui il silenzio è d’obbligo, anche se la sensazione è che la coppia Betti – Tanzi sia ben lontana dall’aver esaurito le sue potenzialità.

Per gli amanti del genere, insomma, un libro da non perdere e da assaporare con gusto una pagina dopo l'altra.

 


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