I linguaggi cambiano, le parole nascono, si evolvono, mutano
nel tempo, e alla fine muoiono come un qualsiasi essere vivente. I cambiamenti
oggi sono molto più rapidi che in passato, anche in campo narrativo: quello che
si coglie, è il progressivo processo di semplificazione del linguaggio. A volte
bistrattate, o sconosciute, o adoperate a sproposito, le parole perdono di
senso, incalzate dalla crescente necessità di non sprecare nemmeno un attimo
dell’unico elemento non replicabile al mondo: il tempo.
L’opera del narratore non può prescindere da questo cambiamento.
Perché sia però la più efficace possibile occorre seguire i consigli di chi,
sulle parole, ha giocato la propria intera vita. Giuseppe Pontiggia ci aiuta
ancora: “Seguire, anche in ogni pagina, in ogni frase, in ogni parola, la verità del linguaggio, penso che determini nel lettore un coinvolgimento che nasce dal proprio rispecchiamento
in ciò che dice lo scrittore.”
Carofiglio, in una riflessione sull'impoverimento linguistico dei nostri giorni, incolpa "la propaganda volgare, violenta, carica di disprezzo per i significati, caratterizzata da una programmatica povertà del lessico, che è uno degli acceleratori dell’ignoranza, dunque dell’inadeguatezza democratica." Quello che il potere non compie più nei confronti dei cittadini è rimasto appannaggio quasi esclusivo dello scrittore? Questo incarica lo scrittore di un certo compito civile, un dovere nei confronti dei lettori, non solo per la fruizione di un buon lavoro, ma allo stesso tempo per la formazione di cittadini democratici.
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