NO VE DESMENTION – Richard Löwy e i ‘giusti’ della Val di Fassa


Una storia iniziata più di cento anni fa, ma che letta ai giorni nostri mostra un’inaspettata attualità anche oggi: parliamo di NO VE DESMENTION – Richard Löwy e i ‘giusti’ della Val di Fassa - opera prima di Chiara Iotti.

Già queste poche, iniziali righe contengono un intero mondo. Innanzitutto, l’uso di una lingua antica come il ladino, tuttora parlato in alcune tra le numerose vallate trentine, venete e friulane. Il titolo, come si può intuire, significa ‘Non vi dimenticheremo’, e l’ambientazione è la Val di Fassa in provincia di Trento. L’uso della lingua locale, che travalica i confini amministrativi e nazionali, è di per sé stesso creatore di comunità. Uomini e donne di diversa provenienza – italiani e austriaci, che parlano italiano e tedesco, si riconoscono nella parlata ladina, e attraverso questa annullano le reciproche diversità. 

Poi: i tempi. Il racconto narra le vicende di persone nate negli ultimi decenni dell’Ottocento, prosegue tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, si spegne con la morte dei vari protagonisti negli anni successivi ma rinasce con il nuovo millennio, grazie al lavoro di ricerca e memoria dell’autrice. Un accavallarsi di almeno quattro diverse generazioni, esistenze che hanno attraversato più di un secolo e nello specifico il Novecento, quello delle immani tragedie. 

E ancora: il cognome Löwy, originario della Mitteleuropa, che richiama sia il leone (löwe in tedesco), sia – ma solo sul piano fonetico – il diffusissimo Levi, di tipica provenienza ebraica. Il protagonista, in effetti, è ebreo, ma trascorre la sua vita in una realtà prevalentemente cristiana senza alcuna contrapposizione, finché verrà anche lui travolto dalla follia nazista. 

Infine: la memoria delle guerre e delle loro tragedie. Il ‘non dimenticare’ non è solo puro esercizio accademico, ma necessità vitale per il presente e per il futuro che ci attende. Il romanzo scorre con l’incalzante rimbombo dei cannoni di sottofondo, che si fa parte stessa della narrazione; un passato che speravamo concluso, ma che vicende recentissime hanno purtroppo richiamato in essere e che si spera non deflagrino in un terzo e devastante conflitto internazionale. 

Molti temi, dunque, proposti attraverso l’utilizzo di un italiano forbito ed elegante e pur tuttavia così familiare, riconoscibile nei racconti degli anziani e nei loro ricordi. Una miscela di storie minute, rigorosamente con la ‘esse’ minuscola, che confluiscono e innervano la Storia con la maiuscola, il fluire delle vicende umane che si fa memoria collettiva.

Richard Löwy non è stato un eroe, bensì un ‘Giusto’, ovvero un uomo che ha vissuto con rettitudine e coscienza nei confronti di altri uomini e donne, come lui finiti nel tritacarne dell’orrore. Boemo di nascita, austriaco per formazione, ingegnere di professione e in seguito ufficiale austro-ungarico, si è battuto per la giustizia, senza operare distinzioni di nazionalità, lingua o religione. Il Comune di Moena, in ricordo del suo operato, gli ha conferito la cittadinanza onoraria oltre che dedicargli la via centrale del paese e un parco. 

Il romanzo di Chiara Iotti, docente lombarda appassionata di storia e innamorata della Val di Fassa, incentrato su questa figura di ‘Giusto’ scorre rapido e suscita autentiche emozioni, soprattutto nelle parti più buie, quando le ombre scure del male sembrano prevalere sulla luce della solidarietà umana. E con un’eco lontana di artiglieria che, come dopo le guerre mondiali, tutti speriamo si plachi quanto prima.

  

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