ANDREA VITALI E LA FIRMETTA

(OVVERO: LA GRANDE IRONIA SU DI NOI STESSI)

 



Instancabile e inarrestabile, Andrea Vitali cucina un altro dei suoi “piatti” letterari per deliziare i lettori, dal titolo COSA È MAI UNA FIRMETTA.
Il paragone culinario deriva dalla mia recente conoscenza con l’autore, avvenuta per l’appunto durante una cena; ma credo, comunque, che la similitudine si adatti alla perfezione, visto l’esito assai succulento.

La vicenda si snoda lungo la consueta sponda lecchese del Lario, scenario tradizionale delle narrazioni di Vitali, e precisamente nella striscia di terra che da Bellano scende a Lecco - o che da Lecco sale a Bellano, la storia si sviluppa durante il continuo saliscendi dei personaggi, a volte in treno e altre invece in auto.

Protagonista è Augusto Prinivelli, giovane e goffo perito industriale che, a fronte dell’esistenza di uno stabile di proprietà di una sua zia, si trova di fronte a un bel dilemma: lasciare che la congiunta venga a mancare per cause naturali e di conseguenza ereditare l’intero palazzo, o tentare di convincere la vegliarda a cederlo – cosa è mai una firmetta, appunto, pensa interessato – prima della sua scomparsa?



Via via, la storia si arricchisce di vari personaggi nomi, uno più godibile dell’altro. La presenza di originalissimi nomi che popolano le narrazioni di Andrea Vitali rappresenta, come è noto ai suoi lettori, uno tra i maggiori motivi di divertimento, che di certo coinvolge anche l’autore nel momento della stesura: troviamo così, per esempio, la vecchia zia Tripolina, la giovane sposa Birce assieme alla di lei madre Voluina e all’ex fidanzato Censorio, e Magnete il ragioniere; oppure, altri protagonisti vengono identificati con il solo cognome – il Caraffa, lo Stazzone – o con salaci soprannomi, che spaziano dal funereo Cassa da Morto al più grottesco Braccino.

L’evolversi della trama in breve si sviluppa con toni farseschi, vicini alla classica pochade; e i colpi di scena che si susseguono – maschi dediti a variegate storie di letto, mogli sempre più sospettose, interessi economici ipocritamente smentiti con toni accorati – nelle ultime pagine sfociano in un finale forse atteso ma non per questo meno gradito.

Che dire, in conclusione: le storie di Vitali possono apparire un poco ripetitive? Forse sì. Ma fa parte del loro fascino. E se piacciono così tanto, alla fine, perché privarsene? In un mondo che si avvita su se stesso, tra pandemie, guerre e tragedie d’ogni tipo, nulla vale quanto un sorriso. Perché sorridendo, mentre pensiamo di sbeffeggiare gli altri in fondo scherniamo noi stessi, e le nostre ossessioni grandi e piccole.


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