L’incipit, in un romanzo, non è tutto. Posto all’inizio della narrazione, rappresenta l’impatto immediato per il lettore, che già dalle prime righe dovrebbe comprendere il senso del romanzo. Sotto questo aspetto, quindi, svolge esattamente la stessa funzione delle immagini di apertura di un film.
Qual è il segreto per incuriosire il lettore? Non credo che ne esista uno in senso proprio. Vi sono però diversi approcci, senza che per forza uno sia migliore dell’altro. Si può presentare il protagonista, oppure un personaggio d’appoggio o anche una figura minore; si può gettare il lettore direttamente nella cosiddetta ‘scena madre’ e poi inserire un flashback; si può invece prenderla alla lontana, dipanando una parte più o meno significativa della storia. Immagino, pur non avendone la certezza, che esistano narratori che abbiano scritto l’incipit una volta terminato il libro. Credo che la sensibilità dell’autore intuisca quale sia la soluzione più adatta per accattivarsi i lettori fin dalle prime pagine.
Quali sono i miei quattro incipit? Nell’ordine: il funerale del miglior amico (Festina lente), l’incontro tra due giovani cugine (Rossa è la sera dell’avvenire), una segretaria in lacrime per la scomparsa del datore di lavoro (Finché suona la campana), una rapina un po’ sgangherata (Il fetore dei soldi).
Se qualcuno mi domandasse qual è il migliore, sarei in difficoltà; per cavarmela dovrei ricorrere al solito, vecchio trucco e rispondere: quello che non ho ancora scritto.

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