Chi non ha mai letto quello che, dopo “La Divina Commedia” e “I promessi sposi”, è certamente il più famoso inizio di un libro? Bastano pochissime parole per mostrare al lettore, in modo accattivante, il protagonista del romanzo: un pezzo di legno.
Consideriamo con quanta abilità l’autore riesca a suscitare grande attesa.
Innanzitutto, l’attacco è del tutto tradizionale: c’era una volta… Il solito inizio di tante favole, che rassicura e incuriosisce.
Ancora: l’oggetto scelto è umile, quasi insignificante, uno scarto da gettare via di cui non resta più nulla (non a caso Pinocchio si brucerà i piedi addormentandosi davanti al fuoco).
Inoltre, prima ancora di nominarlo, per contrapposizione Collodi immagina che i suoi piccoli lettori stiano pensando a un re, ovvero alla massima espressione di importanza per quel tempo (siamo alla fine dell’Ottocento, quasi un secolo e mezzo fa). Oggi i bambini forse penserebbero a un calciatore e le bimbe a una influencer, i miti dei tempi odierni.
Infine, e questo è il momento più magistrale, il botta e risposta, la sorta di dialogo che intercorre con i lettori, come se lo scrittore strizzasse l’occhio ai suoi giovani amici.
Il tutto, racchiuso in 24 parole. Una bravura che, a mio modesto parere, rimane ancora oggi insuperata.
L’incipit, in un romanzo, non è tutto. Posto all’inizio
della narrazione, rappresenta l’impatto immediato per il lettore, che già dalle
prime righe dovrebbe comprendere il senso del romanzo. Sotto questo aspetto,
quindi, svolge esattamente la stessa funzione delle immagini di apertura di un
film.
Qual è il segreto per incuriosire il lettore? Non
credo che ne esista uno in senso proprio. Vi sono però diversi approcci, senza
che per forza uno sia migliore dell’altro. Si può presentare il protagonista,
oppure un personaggio d’appoggio o anche una figura minore; si può gettare il
lettore direttamente nella cosiddetta ‘scena madre’ e poi inserire un flashback;
si può invece prenderla alla lontana, dipanando una parte più o meno
significativa della storia. Immagino, pur non avendone la certezza, che esistano narratori
che abbiano scritto l’incipit una volta terminato il libro. Credo
che la sensibilità dell’autore intuisca quale sia la soluzione più adatta per
accattivarsi i lettori fin dalle prime pagine.
Quali sono i miei quattro incipit? Nell’ordine: il
funerale del miglior amico (Festina lente), l’incontro tra due giovani cugine
(Rossa è la sera dell’avvenire), una segretaria in lacrime per la scomparsa del
datore di lavoro (Finché suona la campana), una rapina un po’ sgangherata (Il
fetore dei soldi).
Se qualcuno mi domandasse qual è il migliore, sarei in
difficoltà; per cavarmela dovrei ricorrere al solito, vecchio trucco e rispondere: quello che non ho ancora scritto.
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